Pagare con carta o smartphone è ormai la regola, ma per chi gestisce un’attività ogni transazione elettronica comporta una commissione da sostenere. Per compensare in parte questi costi, il Governo ha confermato anche per il 2025 il Bonus POS, un credito d’imposta fino al 30% sulle commissioni pagate per i pagamenti elettronici.
L’agevolazione, introdotta dal decreto fiscale n. 124/2019, resta uno strumento di sostegno concreto per commercianti, artigiani e professionisti con ricavi o compensi fino a 400.000 euro l’anno. Il credito può essere usato per ridurre imposte e contributi, compensandolo direttamente nel modello F24 già dal mese successivo alla spesa.
Bonus POS: un incentivo alla tracciabilità dei pagamenti
L’obiettivo del Bonus POS è duplice: da un lato favorire l’uso dei pagamenti tracciabili per contrastare l’evasione fiscale, dall’altro alleggerire il peso economico dei costi sostenuti dalle partite IVA.
Dal 1° gennaio 2026, infatti, entrerà in vigore anche l’obbligo di collegare il POS al registratore telematico, in modo che ogni incasso elettronico sia automaticamente trasmesso all’Agenzia delle Entrate.
La spinta verso la digitalizzazione dei pagamenti si inserisce nel più ampio contesto del Piano Cashless Italia e della Strategia Europea per i pagamenti digitali, che punta a ridurre il ricorso al contante e a rendere più competitivi gli esercenti che adottano tecnologie moderne e sicure.
Chi può richiedere il Bonus POS
Il credito d’imposta spetta a chi, nel 2024, ha dichiarato ricavi o compensi fino a 400.000 euro. Possono beneficiarne:
- Commercianti al dettaglio;
- Artigiani e professionisti con partita IVA;
- Gestori di attività turistiche, ristorative e di servizi.
Sono invece esclusi i soggetti che superano la soglia di fatturato indicata o che non utilizzano POS collegati a circuiti bancari regolarmente abilitati.
Il credito maturato può essere usato in compensazione nel modello F24, indicando il codice tributo 6916 nella sezione “Erario”. Se invece si deve restituire una parte del credito, si usa la colonna “importi a debito versati”.
Dichiarazione dei redditi e regime de minimis
Il Bonus POS deve essere indicato anche nella dichiarazione dei redditi:
- Quadro RU, codice H3;
- Righi RU5, RU6 e RU12 per l’importo maturato, utilizzato e residuo;
- Rigo RS401, codice aiuto 58.
Il credito rientra nel regime “de minimis” europeo, che consente aiuti di Stato rapidi entro un tetto massimo di 300.000 euro in tre anni (limite aumentato dal 2024 rispetto ai precedenti 200.000).
Cosa devono fare i gestori POS
Le banche e i fornitori di servizi di pagamento devono trasmettere mensilmente all’Agenzia delle Entrate, entro il 20 del mese successivo, i dati delle transazioni effettuate: codice fiscale dell’esercente, mese e anno di riferimento, numero di operazioni e ammontare delle commissioni applicate.
Queste comunicazioni permettono all’Agenzia di verificare la correttezza dei crediti e forniscono agli esercenti un riepilogo mensile utile per calcolare con precisione il bonus spettante.
Il futuro del Bonus POS
Ad oggi il Bonus POS è confermato fino al 31 dicembre 2025, ma il Ministero dell’Economia sta valutando un potenziamento della misura in vista dell’obbligo di integrazione con i registratori di cassa nel 2026.
Non sono escluse novità legate all’estensione dei benefici anche per l’acquisto o il noleggio di dispositivi smart, come i nuovi POS Android integrati con software gestionali o soluzioni digitali come SoftPOS, che trasformano lo smartphone in terminale di pagamento.