Nel 2025 la corsa alle commissioni più basse sui pagamenti elettronici è diventata uno dei principali strumenti di marketing per banche e operatori fintech.
Molti provider pubblicizzano tariffe “inferiori all’1%”, suggerendo un risparmio concreto per gli esercenti, ma nella realtà dei contratti le condizioni variano sensibilmente in base a volumi, tipologia di carta e modalità di incasso.
Per capire se le commissioni sotto l’1% sono davvero possibili, bisogna analizzare le componenti del costo effettivo: la tariffa pubblicizzata, infatti, spesso riguarda solo le transazioni con carte di debito nazionali, escludendo quelle internazionali, aziendali o tramite wallet digitali, che applicano fee più elevate.
Come si forma il costo di una transazione POS
Ogni pagamento elettronico comporta una serie di costi che coinvolgono più soggetti:
- Circuito di pagamento (Visa, Mastercard, Nexi, ecc.);
- Banca o acquirer che gestisce la transazione;
- Gestore del POS, che applica la commissione al commerciante.
A questi si possono aggiungere costi di servizio, canoni mensili e commissioni minime garantite.
Quando un operatore annuncia commissioni dello 0,89% o 0,95%, spesso si riferisce solo al costo variabile minimo applicabile in condizioni ideali, non al costo medio effettivo che include tutte le tipologie di pagamento.
Nei contratti standard, la media reale per le piccole attività italiane nel 2025 si colloca tra 1,1% e 1,4%, con punte più alte per micro-transazioni o pagamenti contactless sotto i 10 euro.
Commissioni POS sotto l’1%: le offerte più aggressive del mercato
Alcuni operatori fintech hanno effettivamente abbattuto le soglie, soprattutto grazie a modelli senza intermediari bancari o con accredito differito.
| Provider | Modello tariffario | Commissioni effettive | Note principali |
| SumUp | Piano standard “Pay per use” | 1,95% per tutte le carte | Nessun canone fisso; accredito in 1-2 giorni lavorativi |
| SumUp One / Plus | Abbonamento mensile | 0,95% su transazioni con carte europee | Richiede canone mensile (intorno ai 19–29 €); per utenti con volumi costanti |
| myPOS Go 2 | Terminale in vendita | 0,90% + 0,05 € su carte UE, fino a 2,85% su extra-UE | Accredito immediato sul conto myPOS; costi aggiuntivi per prelievi |
| Axerve Easy POS (a canone) | Canone fisso mensile (17–22 € + IVA) | 0% di commissione fino a soglia di transato (circa 10.000 €/anno) | Oltre soglia: 1% sulle eccedenze; include SIM 4G e assistenza |
| Nexi SmartPOS | Tariffe “Italia +” | 0,69% PagoBANCOMAT – 1,19% Visa/Mastercard EU | Offerte valide per esercenti con basso rischio e volumi regolari; possono variare per settore |
| Revolut Reader | POS mobile collegato ad account Revolut Business | da 0,8% + 0,02 € per transazione UE | Nessun canone; costi variabili in base al volume mensile e tipo di carta |
Come si vede, commissioni inferiori all’1% sono reali solo in circostanze precise: ad esempio, con abbonamenti premium (SumUp One), con POS a canone (Axerve), o su determinati circuiti di pagamento (PagoBANCOMAT e alcune carte UE).
In tutti gli altri casi, il costo medio effettivo per un esercente italiano nel 2025 rimane compreso tra 1,1% e 1,4%, a seconda del volume d’incassi e della tipologia di carte utilizzate.
Per questo motivo, chi cerca la soluzione più conveniente deve valutare non solo la percentuale dichiarata, ma il TCO (Total Cost of Ownership) del proprio POS: includendo canoni, commissioni, eventuali limiti di transato e tempi di accredito, si ottiene una visione reale del costo complessivo del servizio.
Le insidie dei contratti “sotto soglia”
Molti esercenti scoprono solo in fase di rendiconto che il costo reale supera la soglia promessa.
I motivi principali:
- Applicazione di commissioni diverse per tipo di carta;
- Fee minime sulle micro-transazioni;
- Costosità dell’accredito istantaneo, che aumenta il costo effettivo;
- Costi di gestione o canone nascosto in abbinamento al terminale.
Per evitare sorprese, è utile confrontare non solo la percentuale dichiarata, ma anche il costo mensile medio per 1.000 € di incassi. In molti casi, un POS con canone fisso può risultare più economico di uno “sotto l’1%” se l’attività genera volumi regolari.
Commissioni POS in prospettiva: margini stretti e concorrenza fintech
Nel 2026, con l’obbligo di collegare POS e cassa fiscale, la competizione sui costi sarà ancora più intensa.
I margini degli operatori si ridurranno ulteriormente, spingendo verso modelli a canone unico o ibridi, che bilanciano costi fissi e percentuali variabili.
Nel frattempo, le campagne promozionali “sotto 1%” resteranno uno strumento efficace per attrarre nuovi clienti, ma raramente rappresenteranno una condizione permanente.
Per chi gestisce un’attività, la chiave è calcolare il TCO (Total Cost of Ownership) del proprio POS: solo considerando canoni, commissioni, accrediti e bonus fiscali è possibile capire se un’offerta “sotto l’1%” è davvero un risparmio o solo marketing.