Non solo perché l’obbligo di accettare pagamenti elettronici è ormai pienamente operativo, ma anche perché dal 1° gennaio 2026 i terminali dovranno essere collegati alla cassa fiscale, trasmettendo in automatico i dati all’Agenzia delle Entrate. Una misura che punta a rafforzare la tracciabilità dei pagamenti, ma che impone agli esercenti di adeguare i propri dispositivi o sceglierne di nuovi conformi.
Capire quanto costerà un POS nel 2026 significa quindi valutare non solo il prezzo del terminale o le commissioni applicate, ma anche la sua compatibilità tecnica con i futuri requisiti normativi.
POS a canone o a commissione nel 2026: modelli di costo a confronto
Le soluzioni disponibili sul mercato si dividono principalmente in due categorie: POS a canone fisso mensile e POS a commissione per transazione.
Il POS a canone prevede un costo mensile prestabilito (di solito tra i 10 e i 25 euro), spesso con commissioni azzerate fino a una certa soglia di incassi. È ideale per attività con volumi elevati o incassi costanti, perché garantisce prevedibilità e riduce i costi marginali sulle singole transazioni.
Il POS a commissione, invece, non ha costi fissi: si paga solo una percentuale sulle operazioni (in media tra lo 0,9% e l’1,5%). È più adatto a professionisti, attività stagionali o negozi con transiti variabili, che così evitano spese mensili quando il terminale non viene usato.
Esempio pratico: un’attività che incassa 5.000 € al mese può pagare meno di 25 € con un POS a canone, ma anche superare quella cifra se le commissioni sono superiori all’1%. Per questo, la scelta ottimale dipende sempre dal volume di transato annuo e dal ticket medio.
I costi reali del POS nel 2026: il Total Cost of Ownership (TCO)
Oltre ai canoni e alle commissioni, bisogna considerare il TCO (Total Cost of Ownership), ovvero il costo totale di gestione del POS nel tempo.
Comprende:
- Prezzo di acquisto o noleggio del terminale;
- Eventuali costi di connessione (SIM 4G o Wi-Fi dedicata);
- Assistenza tecnica e aggiornamenti software;
- Commissioni sulle transazioni;
- Tempi di accredito sul conto.
Un POS con software aggiornabile via app, come quelli Android di nuova generazione, potrà risultare più economico nel medio periodo, perché già predisposto per la trasmissione telematica dei corrispettivi prevista nel 2026.
Bonus POS e credito d’imposta sulle commissioni
Per compensare i costi delle commissioni, le imprese con ricavi inferiori a 400.000 euro annui possono sfruttare il Bonus POS, introdotto dal D.L. 124/2019.
L’agevolazione consente di recuperare il 30% delle commissioni pagate per i pagamenti elettronici, direttamente tramite credito d’imposta.
Il credito può essere utilizzato in compensazione nel modello F24, indicando il codice tributo 6916, e deve essere riportato nella dichiarazione dei redditi (quadro RU, codice H3).
Il bonus rientra nel regime “de minimis” europeo, che dal 2024 consente fino a 300.000 euro di aiuti cumulabili in tre anni.
Una misura pensata per le piccole imprese, che spesso subiscono in misura maggiore il peso delle commissioni POS.
Cosa cambia dal 2026 e come prepararsi
Il collegamento obbligatorio tra POS e cassa fiscale segna un passaggio decisivo verso la tracciabilità totale dei pagamenti.
Da quella data, ogni transazione dovrà essere registrata e comunicata in automatico all’Agenzia delle Entrate, semplificando i controlli ma anche richiedendo terminali compatibili.
Per chi deve aggiornare la propria dotazione tecnologica, conviene scegliere dispositivi integrati e aggiornabili, già predisposti per la connessione telematica.
Soluzioni come gli Smart POS Android di nuova generazione permettono di unire praticità, conformità e costi contenuti, riducendo il rischio di dover cambiare dispositivo con l’arrivo della nuova normativa.