Molte persone che vendono saltuariamente prodotti o servizi si chiedono se sia possibile accettare pagamenti con carta senza avere una partita IVA. Il dubbio nasce perché gli strumenti digitali sono sempre più diffusi e il POS sembra ormai essenziale anche per chi non svolge un’attività a tempo pieno. Ma la risposta non è immediata, perché ciò che conta non è il POS in sé, ma il tipo di attività per cui lo si vuole usare.
POS senza partita IVA e normativa: cosa dice davvero la legge
Il POS, tecnicamente, è solo un mezzo di incasso. Non determina la natura dell’attività: a farlo è la frequenza con cui si vende, l’organizzazione necessaria e l’intento economico.
Da un punto di vista strettamente tecnico, in Italia sarebbe possibile attivare un POS anche come privato, ma questo non significa che lo si possa usare liberamente per ricevere pagamenti legati ad attività economiche. Se un’attività è:
- Occasionale;
- Svolta senza organizzazione di mezzi;
- Non ripetitiva nel tempo.
Allora l’incasso è possibile, ma rientra nel regime del lavoro autonomo occasionale.
Diverso è il caso di chi vende in modo continuativo o strutturato. La legge considera “attività abituale” qualsiasi operazione economica che si ripete nel tempo con organizzazione minima: in quel caso, la partita IVA è obbligatoria. Usare un POS senza averla, invece, significherebbe operare al di fuori del quadro fiscale.
A proposito, ti potrebbe interessare: POS per liberi professionisti e consulenti: le migliori soluzioni senza canone mensile
Perché quasi nessun gestore attiva un POS ai privati
Anche se teoricamente un privato potrebbe richiedere un terminale, nella pratica i gestori POS chiedono quasi sempre la partita IVA. Il motivo è semplice, devono rispettare norme molto rigide su:
- Antiriciclaggio;
- Tracciabilità dei pagamenti;
- Responsabilità fiscale;
- Verifiche sull’utilizzo corretto del terminale.
Concedere un POS a un privato che effettua incassi continui li esporrebbe al rischio di facilitare attività non inquadrate fiscalmente. Per questo la maggior parte delle aziende preferisce attivare terminali solo per professionisti e imprese.
Quali alternative ha chi deve incassare senza partita IVA
Chi deve ricevere denaro saltuariamente (una vendita sporadica, un oggetto ceduto a un conoscente, una prestazione occasionale) può usare soluzioni pensate per il trasferimento tra privati, come:
- Pagamenti peer-to-peer tra privati (Satispay, PayPal, app bancarie con P2P);
- Bonifici ordinari;
- Modalità di pagamento integrate in piattaforme che gestiscono la transazione tra privati.
Sono strumenti adatti per attività sporadiche, perché non fanno scattare i requisiti della professione abituale e non richiedono partita IVA.
Quello che bisogna evitare è utilizzare strumenti tipici delle attività economiche (come un POS professionale) per operazioni che di fatto equivalgono a lavoro abituale senza adeguata apertura fiscale.
Il problema non è il POS, ma l’attività
In sintesi, non esiste un divieto assoluto per i privati: non è il POS a essere vietato, ma l’attività professionale svolta senza partita IVA.
Chi vende in modo abituale deve aprirla, perché la legge classifica automaticamente l’attività come continuativa. Chi effettua invece vendite sporadiche può usare strumenti di pagamento tra privati, senza ricorrere a terminali professionali.
La regola è semplice: il POS segue l’attività, non il contrario. E per evitare problemi fiscali o contestazioni, è fondamentale scegliere lo strumento corretto in base alla frequenza e alla natura degli incassi.